Sofia Ciuccarelli alla Prima del Teatro alla Scala con il “Boris Godunov” di Mussorgsky
Come sono arrivata nelle fila del Coro di voci bianche dell’Accademia Teatro alla Scala e alla Prima del 7 dicembre 2022 con il Boris Godunov?
A cura di Sofia Ciuccarelli, IIIB Secondaria di Primo grado.
È nato tutto per caso. Ho iniziato a cantare quando ero molto molto piccola (ho una registrazione del mio papà che lo prova – avevo forse due anni). Alla scuola materna ho conosciuto la maestra Lisa e con Lei ho iniziato a cantare in un primo coro. Poi sono entrata a far parte del coro dei Piccoli Cantori di Milano. Da che io ricordi ho sempre amato cantare. Ovviamente all’età di quattro anni e mezzo circa cantavo la macchina del capo, la casetta in Canadà, la filastrocca dell’alfabeto … Era, comunque, qualcosa che mi piaceva fare in ogni momento, fingevo il karaoke e nella mia cameretta cantavo tutto il tempo. Se ci ripenso, mi mettevo a cantare per i fatti miei ovunque e in qualsiasi momento.
Quando ho avuto circa sei anni, mio padre, vista questa mia inclinazione, decise di farmi partecipare sia alla selezione per il coro di voci bianche del Conservatorio di Milano sia per quello del coro delle voci bianche dell’Accademia Teatro alla Scala. Nelle due distinte audizioni ho cantato “Il minuetto di Bach” (… sol do re mi fa sol sol la fa sol la si do do do fa sol fa mi re mi fa mi si do re mi do mi re, sol do re mi fa sol sol sol la fa sol la si do do do do fa sol fa mi re mi fa mi re do re mi re do si do …), nulla a che vedere con l’opera lirica che non conoscevo molto. Con grande stupore ho superato entrambe e ricordo che, quell’anno, ho iniziato a frequentare i corsi di propedeutica di canto sia al Conservatorio sia alla Scala.
Il secondo anno, poi, ho deciso di proseguire solo con il Coro di voci bianche della Scala. Due lezioni a settimana e ulteriori prove aggiuntive in prossimità degli eventi e dei concerti.
Ricordo che arrivò subito un plico di documenti, da far firmare ai miei genitori per poter partecipare subito a una produzione. Da lì in poi tutto è iniziato.
Ho cantato allo Schiaccianoci, al Piccolo Principe e mai avrei immaginato, quest’anno, di partecipare alla Prima della Scala il 7 dicembre 2022, con il Boris Godunov di Mussorgsky diretto da Riccardo Chailly in cui si racconta la storia dell’omonimo zar di Russia, dall’ascesa al trono fino alla sua morte.
Due sono i protagonisti del Boris Godunov: il crudele Zar del titolo e il Coro, il popolo russo affranto e deluso, ferito a morte e smarrito. Chailly ha realizzato con efficacia la coralità dell’opera insieme all’orchestra.
Nella prima scena, nel canto di conversazione, il coro dice di essere lì “perché costretto”.
E’ un’opera scritta nel 1869 che narra fatti storici avvenuti alla fine del Cinquecento; sia quando il compositore scrive l’opera, sia durante l’era di Boris Godunov il popolo non aveva nessuna possibilità di determinazione.
Dopo una prima parte più narrativa dove con la scrittura di Pimen che invade il palco (l’icona dell’omicidio dello zarevic si anima di esplosioni e si colora di sangue) siamo dentro la cronaca, nella seconda parte ci porta nella mente allucinata dello zar. La scena di San Basilio, con il popolo che depone ai piedi di Boris i propri figli morti per la fame e la guerra e l’Innocente che butta in faccia allo zar la sua colpa, è un incubo dello zar.
Dal coro spicca il canto di dolore e le lacrime amare del popolo russo. Le sofferenze di un popolo che chiede «Pane!» e piange i propri figli, morti perché quel pane non c’è.
Ritorno alla mia esperienza: la preparazione è stata lunga ed impegnativa, ho dovuto assentarmi anche durante le ore di scuola e questo mi ha creato un po’ d’ansia, ma il canto è qualcosa che mi riempie il cuore.
Ho cantato, insieme al Coro delle voci Bianche, in lingua russa. Ho indossato i vestiti degli innocenti morti e ho pensato, come se lo stessi vivendo in prima persona, alle guerre e alla storia che si ripete …
Mi sono trovata di fronte a temi attualissimi: follia, torture, e soprattutto il potere, potere al centro di ogni cosa. Ma il canto è universale e, per me, unisce.
Ho provato un’emozione indescrivibile, dalla gioia alla paura di non farcela, alla soddisfazione di aver partecipato ad un evento così importante, di fronte al pubblico e alle autorità. Ho vissuto un’esperienza personale ed intima che vedo ben rappresentata in questo verso della poesia L’Infinito di Giacomo Leopardi “… tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare”.