I “gialli” delle seconde

“Durante l’anno appena trascorso gli alunni delle due classi seconde della Secondaria di primo grado si sono cimentati nella scrittura di gialli. Questi racconti sono il nostro modo per augurarvi una buona estate”. Oggi pubblichiamo gli ultimi due romanzi: “Un complotto bello e buono “ e “Piano B”.

“Un complotto bello e buono”

Lily Souza nasce a Brasilia, ma appena nata, al compiere dei suoi 2 mesi, si trasferisce a New York. Sua madre è di origine inglese, perciò i suoi modi da ragazza americana spesso si contrappongono con alcuni suoi tratti da elegante signorina inglese raffinata. È il perfetto esempio del proverbio “le apparenze ingannano”, infatti spesso, a prima vista, ci si confonde dando importanza al suo aspetto esteriore: ha i capelli neri, la pelle olivastra e gli occhi così scuri da ricordare un buco senza fine, ma poi, conoscendola meglio, si capisce che l’aspetto non corrisponde affatto al suo carattere, infatti quei tratti brasiliani derivano dal padre, persona con cui non vuole avere niente a che fare a causa della sua scelta di abbandonare la madre proprio quando lei è nata. Il suo carattere, come dicevo prima, è un misto tra il carattere di un’impulsiva ragazza americana e una riflessiva signorina inglese. Sceglie tra queste due modalità in base alla persona che si trova davanti, infatti una delle sue caratteristiche principali è quella di riuscire a riconoscere con che tipo di persona ha a che fare all’istante. 
A causa del suo lavoro viaggia molto spesso, preferibilmente con il treno perché lo ritiene un mezzo molto interessante, al contrario dell’auto o dell’aereo che, secondo lei, sono mezzi banali. La sua carriera è iniziata alle superiori dove si trovava spesso nel bel mezzo di un mistero da risolvere. È proprio in quel periodo che ha conosciuto l’amore della sua vita: Thomas Wilson, suo fedele aiutante, che la segue ovunque vada, sempre in cerca di nuovi misteri da risolvere e da poter scrivere in uno dei suoi nuovi romanzi. 
Lily, dopo il college, ha fatto uno stage all’FBI, ma poi si è messa in proprio, creando una vera e propria azienda di investigazione di nome Clues. Oggi ha 35 anni e vive ancora con Thomas ricevendo richieste di aiuto per casi da tutto il mondo.

Lily si trova nella sua stanza quando arriva l’invito a partecipare a Firenze alla conferenza del detective Phil Foden, un vecchio amico della madre, ormai morta, che sta per lasciare la polizia. Phil é un uomo sui settanta, con degli occhi verdi penetranti ed una incolta lunga barba bianca. I capelli, anch’essi bianchi, gli contornano il viso con i boccoli. Data la sua età, tutto sommato, porta bene i suoi anni e, a parte per qualche ruga qua e là, é in gran forma. Solitamente porta una camicia dai colori sgargianti e un cardigan abbinato alla camicia. Le scarpe sono sempre le stesse due paia, consumate ed usate.

Pochi giorni dopo Lily, con il marito Thomas, parte per Firenze. Thomas è un uomo giovane, anche se gli si puó dare qualche anno in più di quelli che ha realmente, ma ciò solo a causa del suo aspetto che é la perfetta incarnazione di un uomo molto maturo e responsabile. Ha sempre le occhiaie e l’aria di essere stanco, tutto ció é dovuto al fatto che spesso passa notti e notti a cercare di aiutare la moglie a risolvere i casi. Si veste sempre con colori tenui, che non attirano l’attenzione, inoltre ha sempre scarpe diverse, sempre pulite, sempre scintillanti.

All’arrivo a Firenze Lily e Thomas si recano alla Biblioteca Nazionale di Firenze dove si svolgerà la conferenza. Al termine dell’evento Lily inizia a parlare con Phil che le offre un drink e le chiede della madre:
– Mi dispiace molto per quello che è successo a tua madre, Lily, sai che per me era una persona speciale. Una meravigliosa investigatrice. L’ho molto amata ma lei ha scelto tuo padre… – dice Phil.

-Lo so, Phil, anche lei mi parlava spesso di te, soprattutto di quella volta che l’hai aiutata col caso Crawford – risponde Lily.

-Sono molto contento di averti visto qui oggi, tua madre sarebbe orgogliosa di quello che sei diventata. –

-Grazie, Phil, è proprio grazie a lei che sono quello che sono. –

I due continuano a chiacchierare e a ricordare i tempi passati.

Dopo qualche ora Lily inizia a sentirsi male, quindi decide di tornare in hotel con il marito, ma, arrivata in camera, mentre si strucca, si accorge che manca il suo costoso profumo, allora chiama la reception:

-Buonasera. Come posso esserle utile signora Souza? – risponde la concierge.

-Buonasera, vorrei parlare con la sicurezza per piacere – replica Lily.

-Senz’altro, signora, Le passo il responsabile. –

Lily ringrazia e attende la risposta dall’ufficio security.

-Buonasera, sono la signora Souza della stanza 412, sono certa che manchi qualcosa nella mia camera; potrei visionare con voi i filmati delle telecamere, per cortesia? – chiede sicura Lily.

-Certamente, signora, scenda al piano meno uno, La aspetto in ufficio. –
Guardando le registrazioni delle telecamere di sicurezza Lily vede un uomo losco che si introduce in camera sua.

La mattina seguente, mentre fa tranquillamente colazione con suo marito, alcuni poliziotti le chiedono di seguirli in Centrale per interrogarla e lei, pur non capendo di cosa si tratti, decide di non opporsi.

Durante l’interrogatorio la informano della scomparsa di un prezioso incunabolo che si trovava nella biblioteca dove è avvenuta la conferenza.

-Signora, ci sono indizi che riconducono a Lei per la scomparsa dell’incunabolo, ci dovrebbe fornire delle prove, un alibi, qualcosa insomma che non ci faccia pensare a Lei come sospettato… – Il poliziotto le parla con un accento fortemente italiano che fa fatica a capire – Durante la conferenza Lei è sparita proprio al momento del furto -.

– Agente, è vero, ero alla conferenza ma mi sono sentita male e sono tornata prima in hotel, non mi sembra proprio un reato… – Lily è sicura nelle sue affermazioni, proprio grazie alla sua esperienza professionale.

A causa dell’insufficienza di prove incriminanti la polizia libera Lily. 


La detective si ripromette di trovare il vero ladro. Quando torna all’hotel, chiama Phil giurandogli che non é stata lei, lui le crede e le promette che la aiuterà.

-Con le tue doti investigative il colpevole ha le ore contate, Lily, aiutami a risolvere questo crimine. – Phil sa come stuzzicare la curiosità di Lily. Ma non c’è bisogno, lei ha già deciso:-Certo, Phil, sarà un piacere sbatterlo al fresco! –
Pochi giorni dopo, mentre suo marito si trova fuori per fare una commissione, Lily sente un messaggio arrivare sul telefono. ma non è il suo, infatti il messaggio è destinato a Thomas che ha dimenticato il cellulare.
Il messaggio recita: “Quando arrivi? Ti sto aspettando sul Ponte Vecchio.”

Incuriosita decide di dirigersi verso il ponte e da lontano vede suo marito parlare con un tipo losco che le sembra di aver già visto ma che non riconosce perché troppo distante. Lily chiede allora a Phil di seguire Thomas per scoprire qualcosa in più.
-Questa faccenda é molto sospetta, Thomas mi dice sempre tutto. – dice Lily preoccupata -Cerca di scoprire qualcosa tu, io sarei troppo riconoscibile per lui. – continua la ragazza.

-Mi metto subito all’opera, sta’ tranquilla…- risponde gentilmente Phil.

Poche ore dopo Phil Foden, che sta pedinando Thomas, telefona pietrificato alla ragazza: entrando in una viuzza vicino all’hotel, l’ha trovato morto! Lily accorre.

-Mi dispiace molto, Lily, dobbiamo scoprire chi è stato- la consola Phil abbracciandola.

-È proprio quello che lui avrebbe voluto che facessimo: indagare, gli piaceva cosí tanto. – dice Lily e poi scoppia in lacrime.

Entrambi intuiscono subito che il tipo losco deve avere a che fare con l’omicidio.

La polizia intanto trova la boccetta vuota del profumo che apparteneva a Lily sulla scena del crimine, quindi lei viene portata in carcere, almeno fino al processo, anche perché non ha un alibi e l’unico che avrebbe potuto testimoniare in suo favore è morto.

Phil allora, per scagionare Lily, le dice che cercherà se ci sono nemici che la odiano così tanto da incastrarla in un delitto. Alla fine Phil conclude che l’unico possibile sospettato è suo padre ancora arrabbiato con lei perché non vuole riconciliarsi con lui a causa del suo abbandono al momento della sua nascita.
Dopo che Phil ha proposto l’idea alla Polizia, il padre, il cui nome é José, diventa il sospettato numero uno perché ha un movente e ha dei precedenti penali. José é un uomo sui sessanta. Ha la pelle olivastra e degli occhi neri scurissimi (caratteristiche che la figlia ha ereditato). Inoltre ha costantemente un sorrisetto colpevole stampato sul viso e ha sempre l’aria di star tramando qualcosa. Il suo tocco di classe é la sua collana con un dente di squalo come ciondolo; la porta sempre e darebbe di matto se qualcuno provasse a rubargliela.

Qualcosa, però, non convince Lily che, a un certo punto, ricorda un particolare: il giorno in cui hanno scoperto il cadavere di Thomas era con Phil e lui aveva un profumo addosso che le ricordava qualcosa di familiare, ma certo! Era il suo profumo.

Lily comincia a ricostruire i fatti e capisce: Phil voleva incastrare José perché prima gli aveva portato via l’amore della sua vita, la madre di Lily, e poi l’aveva abbandonata. Aveva escogitato un sistema macchinoso per incolparlo, facendo prima cadere i sospetti su Lily (facendo ritrovare il profumo sul luogo del delitto) ma arrivando poi a lui. Aveva quindi sottratto alla ragazza il profumo che aveva lasciato sul luogo del furto ma, inavvertitamente, il flacone doveva essersi aperto, lasciando evaporare in parte la sua fragranza addosso a Phil.

Con l’incunabolo avrebbe infine pagato i suoi debiti di gioco. Aveva deciso di uccidere Thomas perché aveva capito tutto. Lily comunica i suoi sospetti alla polizia che in breve accerta la verità dei fatti presentati da Lily e lei viene rilasciata.

E’ sfinita e sconvolta, ha perso il suo adorato marito e colui che credeva essere uno dei piú fedeli amici. Ma non si arrenderà e continuerà a battersi per la verità e la giustizia.

“Piano B”

di Simone Amenari, Sara Fedi, Elettra Mugnai, Maria Sofia Oblatore, Elia Saccani

Quell’anno i parenti di Charles Glauco avevano deciso di organizzargli una festa fuori dal comune: avevano prenotato una grande sala da ricevimento al Grand Hotel, un bell’edificio di otto piani circondato dal giardino. 

Avevano chiamato il più rinomato chef dell’Italia intera, lo chef Jacoponi, che per l’occasione aveva preparato una torta alla crema ricoperta di cocco, con scaglie di cioccolato e scorzette d’arancia, a 10 strati. 

Alla festa erano stati invitati tutti i suoi parenti: Eros Glauco, il fratello del festeggiato, un uomo alto che aveva la strana abitudine di tingersi i capelli di verde ogni mese; si trovava lìinsieme a sua moglie, Claudia Senato, con sua figlia Eleanor Glauco ed il suo fidanzato Diego Remir, famoso detective francese; erano presenti anche il padre del festeggiato, il ricco Geraldo Glauco; Max Piano, collega e amico fidatissimo e i cugini spagnoli dei due fratelli Glauco, Aleandro e Arturo, che però erano in ritardo. C’era poi anche il direttore di sala, un uomo robusto, tutto d’un pezzo, incaricato di controllare che tutto procedesse in modo impeccabile.

La festa stava avendo un grande successo: le persone chiacchieravano e si divertivano. Ad un certo punto Eros disse che sarebbe andato a fumare una sigaretta in giardino, come era solito fare dopo i pasti.

Dopo un ricco buffet arrivò il momento di far entrare in scena la favolosa torta dello chef Jacoponi, che tutti aspettavano trepidanti. Durante l’attesa Max si diresse in bagno.

Lo chef si recò quindi in cucina, per portare la torta in tavola ma, quando aprì la porta della stanza, rimase a bocca aperta: la torta, la sua fantastica torta alla crema ricoperta di cocco,con scaglie di cioccolato e scorzette d’arancia a 10 strati, che gli era costata tanto lavoro e tanta dedizione, era scomparsa! Cercò in lungo e in largo, facendo più volte il giro del bancone, ma ogni suo sforzo era vano: quella che avrebbe dovuto essere la sua migliorecreazione, era sparita!

Stava per tornarsene rassegnato in sala, per comunicare la brutta notizia, quando sentì un forte rumore provenire da quella stanza: lo sparo di una pistola. Si precipitò in sala, dove tutti i presenti si erano radunati intorno ad un cadavere: chiunque avesse sparato quel colpo, se il suo intento era quello di uccidere qualcuno, ci era riuscito. Lo chef vide a terra Charles Glauco, con un proiettile in mezzo alla fronte. 

Diego Remir prese in mano la situazione e diede l’ordine di non toccare il cadavere. Intanto osservò con estrema attenzione la scena del delitto e cercò di ricostruire i fatti avvenuti a partire dall’inizio della festa. Si rivolse agli altri, tutti pietrificati per l’orrore, e affermò che chiunque avesse sparato si trovava per forza fuori dalla stanza, presumibilmente in giardino, vicino all’unica finestra aperta, e che tutti i presenti in sala in quel momento erano dunque innocenti.

In quel momento entrò nella sala da ricevimento Max Piano, appena tornato dal bagno. Con aria interrogativa domandò cosa fosse successo e, appena scorto il cadavere, rimase visibilmente scosso. 

Diego Remir stava rassicurando Eleanor (che piangeva disperata), quando Eros fece ritorno dal giardino e i cugini entrarono dalla porta sul giardino, ignari di tutto. Proprio loro non avevano partecipato alla festa fino a quel momento e per questo motivo diventarono i principali sospettati agli occhi del detective.

Quando Eleanor ebbe asciugato le lacrime, ci fu un silenzio generale, interrotto da Remir che ordinò la chiusura di porte e finestre e che tutti coloro che erano presenti, compresi i camerieri, restassero nella sala per evitare che il colpevole si dileguasse. Si fece aiutare da tutti per assemblare un cerchio con le sedie, posizionando la propria al centro. A quel punto domandò a ognuno cosa avesse fatto quel giorno e se fosse a conoscenza di qualche indizio che avrebbe potuto avvicinare in qualche modo all’assassino e al suo movente.

L’interrogatorio non durò molto, ma Diego Remir ottenne le informazioni necessarie per farsi un quadro più completo dell’accaduto.

Decise di percorrere assieme agli altri il corridoio della sala, alla ricerca di indizi oppureoggetti che potessero dimostrare la colpevolezza di qualcuno. Attraversò quindi il corridoio e uscì dalla portafinestra che comunicava con il giardino. Poi, cronometrandosi, percorse la strada che Eros avrebbe dovuto fare per arrivare alla finestra da cui era arrivato il colpo. Il fratello del festeggiato intanto continuava ad insistere sul fatto che non era stato lui a sparare a suo fratello e che non si trovava in sala solo per un caso, poiché in quel momento era uscito per fumare. Soprattutto continuava a ripetere che non poteva aver percorso metà del giardino in così poco tempo. Effettivamente, dopo la prova cronometrata, anche Diego poté affermare l’innocenza di Eros.

Fu poi la volta dell’entrata principale: Remir voleva assicurarsi che ciò che sostenevano i cugini fosse vero. Fuori dalla porta si trovava un uomo che si stava gustando un gelato, seduto su una panchina situata a qualche metro di distanza dal Grand Hotel. Aleandro e Arturo avevano detto che non erano arrivati in tempo alla festa perché al momento della partenza erano stati bloccati da un guasto della propria auto. Al loro arrivo avevano visto quell’uomo, in quel punto, su quella panchina e con quel gelato; l’uomo confermò ciò che avevano detto i cugini, poiché aveva osservato, mentre entravano nel parcheggio dell’hotel, la loro macchina color grigio scuro, e diede indicazioni sull’orario del loro arrivo. L’auto, come avevano detto Aleandro e Arturo, era posizionata nel posto all’angolo sinistro del parcheggio, l’unico dove c’era ombra. Anche i due fratelli, per il momento, erano eliminati dai sospettati.

Diego si dedicò poi a Max Piano che, però, come testimoniarono anche Claudia Senato e Geraldo Glauco, era andato in bagno, che si trovava dalla parte opposta rispetto alla direzione da cui era arrivato lo sparo. Perciò Diego escluse anche Max dai sospettati.

Rimaneva solo lo chef tra le persone senza un alibi. Jacoponi affermò di essere andato in cucina per prendere la torta e che, non avendola trovata, dopo averla cercata in lungo e in largo, si era rassegnato a comunicare la notizia della sua sparizione in sala. Era stato proprio in quel momento che aveva sentito lo sparo. Così il detective iniziò a percorrere la strada che Jacoponi aveva raccontato di aver fatto: passò per il corridoio, per entrare in cucina e ordinò al resto del gruppo di non seguirlo. 

Diego aveva notato che, a prima vista, come confermato dallo chef, la torta non era sul tavolo dove era stata appogiata quella mattina. Di questo era sicuro, poiché anche lui aveva osservato il cuoco metterla sul bancone, poiché stava parlando con lui e la sua ragazza Eleanor. Incominciò ad ispezionare la stanza: trovò oggetti che lo chef aveva perso da tempo, come il suo cucchiaio di legno o la sua grattuggia, ma niente che potesse minimamente avere a che fare con il caso. 

Una volta dato l’ordine ai presenti di seguirlo verso il giardino, passando attraverso la cucina, il detective notò uno strano biglietto appiccicato alla tenda della portafinestra: si trattava di un cartellino con sopra una scritta, formata da alcune lettere cancellate ed altre leggibili: L, R e O. Remir aveva trovato sicuramente un indizio, ma, per capire veramente di cosa si trattasse, aveva bisogno di indagare più a fondo.

Così procedette, con gli altri alle sue spalle, verso il giardino, dove cercò di guardare in particolar modo intorno alla finestra da dove era arrivato il colpo. Dopo una trentina di minuti, il detective comprese che non era lì che doveva cercare, poiché era esattamente ciò che l’assassino si aspettava che facesse. Si diresse quindi verso i cespugli, dove trovò … la torta! 

Pensò di riportarla in cucina, così che lo chef la potesse buttare, visto che non sarebbe più servita, quando realizzò che ci doveva essere un motivo se era stata nascosta. Decise quindi di farla analizzare. 

Visto che era già quasi sera e molti invitati erano stanchi per l’accaduto, per evitare la fuga del colpevole, il detective impose l’obbligo di alloggiare al Grand Hotel per la notte e restarvi fino al giorno dopo, quando sarebbero arrivati i risultati delle analisi della torta.

La mattina seguente, finita la colzione, Diego Remir tornò in camera, dove trovò un fascicolo con tutte le informazioni possibili sul dolce. Erano tutte basilari e ovvie, tranne una, quella più importante e che in poco tempo lo avrebbe portato alla risoluzione del caso. Sul documento c’era scritto: “…in una parte del primo piano della torta sono presenti 30 ml di cianuro…”. A quel punto il detective impallidì. Prese l’etichetta trovata sulla tenda della cucina per verificare le sue ipotesi. La scritta “30 ml di cianuro” corrispodeva alle tre lettere rimaste sul cartellino (30 mL di cianuRO). Si precipitò alle scale e percorse al volo le otto rampe che conducevano al piano terra, per poi dirigersi in cucina.

Mentre scendeva pensò a dove potesse trovarsi la boccetta del veleno. Di sicuro non nella spazzatura, si sarebbe scoperto subito; non poteva essere nemmeno in giardino, sarebbe stato troppo facile trovarla. Dopo aver scartato altre ipotesi Remir capì. Doveva essere stata nascosta in uno degli scaffali della credenza della cucina. Quel mobile conteneva centinaia di boccette di spezie, aromi, erbe e condimenti di ogni tipo e quindi sarebbe stato facile nascondere il cianuro.

Quando giunse in cucina, c’era già lo chef, che stava cucinando il pranzo che si sarebbe svolto quel giorno e Diego ne approfittò per farsi aiutare nella ricerca.

Insieme al cuoco cominciò a controllare ogni scaffale ma, dopo aver ispezionato duecentocinquantasette boccette, si accorse che il mobile era staccato dal muro di qualche centimetro. Il detective e lo chef Jacoponi lo spostarono del tutto e rimasero a bocca aperta: non solo videro la boccetta che avevano a lungo cercato, ma addirittura trovarono una porta! La forzarono immediatamente. All’interno dello stanzino che era celato dietro quella credenza non c’era niente, fatta eccezione per una scatola di proiettili e una rivoltella all’interno di un contenitore; inoltre, ispezionando le pareti, notarono uno spioncino chiuso, in corrispondenza dell’occhio di Napoleone Bonaparte, raffigurato in un quadro appeso dal lato opposto del muro, nella sala da ricevimento. Che fosse stato usato per l’omicidio? Diego Remir non indugiò e guardò subito dallo spioncino, per verificare se la sua deduzione fosse corretta. La direzione era quella giusta e lo spiraglio offriva una vista perfetta sul tavolo a cui era seduta la vittima, Charles Glauco.

Ora i conti tornavano: l’assassino non si era appostato dietro la finestra, quando avevasparato il colpo, ma proprio lì, nello stanzino! Dovevano solo capire chi tra i presenti avesseavuto la possibilità di entrare in quel luogo, per uccidere il festeggiato. 

Si passò quindi ad una veloce ispezione dei luoghi in cui erano stati i sospettati che non erano in sala al momento della morte di Charles.

In bagno non c’erano altre uscite (eccetto la porta che dava direttamente sulla sala), perciò fu escluso definitivamente Max Piano.

Poiché i cugini non erano nemmeno nell’edificio quando il delitto era avvenuto, avevano anch’essi un’alibi di ferro. 

Tuttavia il detective aveva dei sospetti al loro riguardo: e se non fossero arrivati lì in macchina, ma avessero solo finto di farlo? Avrebbero potuto aver approfittato di qualcuno che entrava con quell’auto, esservi saliti di nascosto, fingendo poi che fosse loro, entrare dalla porta principale e infilarsi di soppiatto nello stanzino da cui era partito il colpo. Occorreva chiedere ad Aleandro ed Arturo le chiavi della macchina, per accertarsi che fosse loro. 

All’inizio i due fratelli si guardarono spaesati, ma poi confessarono:

Señor Remir” esclamò Arturo “ci scusiamo per non averLe riferito subito questa informazione e per aver agito di nostra spontanea volontà. In realtà non siamo arrivati in macchina, ma soprattutto non siamo arrivati all’orario in cui ci avete visto entrare. Eravamo giunti qui in anticipo, per aiutare con i preparativi, ma, avvicinandoci alla cucina, per caso, abbiamo visto una sagoma mettere una sostanza all’interno della torta. Non siamo riusciti a capire di chi si trattasse, ma siamo certi del fatto che fosse una sola persona.”

“Così” continuò Aleandro “abbiamo pensato di nascondere la torta per evitare eventuali incidenti.” 

A queste parole, il detective rimase a bocca aperta e capì che probabilmente anche i cugini erano innocenti. 

Decise quindi di analizzare le possibilità che lo chef ed Eros (gli unici due sospettati rimasti) avevano di entrare nella stanzetta e di commettere il delitto. Riflettè per un po’ e infine trovò la soluzione. 

All’ora di cena decise quindi di radunare tutti nella sala da ricevimento per rendere chiaro una volta per tutte chi fosse l’assassino, come avesse fatto ad uccidere Charles e perché avesse deciso di commettere il delitto. 

Durante il pasto nessuno si azzardò ad aprir bocca poiché erano tutti troppo sconvolti dall’accaduto per avviare una conversazione. A rompere il silenzio fu quindi Diego Remir, che aveva l’intenzione di annunciare la risoluzione del caso:

“Tutti voi sapete che ieri è stato ucciso Charles Glauco, durante la festa del suo compleanno, da un proiettile che lo ha colpito in fronte. All’inizio abbiamo tutti dato per scontato che questo fosse passato dalla finestra della sala, ma in realtà non è stato così.” Remir fece una breve pausa, guardando uno per uno tutti i presenti, che ormai lo stavano fissando con estrema attenzione. 

“Oggi pomeriggio io e lo chef Jacoponi abbiamo scoperto che, dietro alla credenza della cucina, si trova una stanza segreta, a cui si può accedere tramite una porticina nascosta. Qui dentro abbiamo trovato una rivoltella e dei proiettili, quelli utilizzati per l’omicidio. L’assassino deve quindi aver sparato il colpo non dalla finestra ma dalla stanza segreta, utilizzando un buco praticato nel muro, che si trova all’altezza dell’occhio del ritratto di Napoleone Bonaparte, appeso proprio lì”. Così dicendo indicò con un dito la parete di fronte a lui, dove era appeso il quadro a cui aveva fatto riferimento. 

“Il quadro è molto vicino alla parete con la finestra ma noi non sapevamo che esistesse lo stanzino, perciò è stato facile per l’assassino confonderci e farci credere che il colpo fosse stato sparato dall’esterno. Tenendo perciò conto del fatto che il colpevole si trovava fuori da questa stanza per poter uccidere Charles, possiamo subito escludere tutti i presenti in sala nel momento del delitto e considerare sospetti gli altri, ovvero lo chef, Eros, Max, Aleandro e Arturo. La prima persona ad essere esclusa dai sospettati è Max Piano poiché, al momento dello sparo, si trovava in bagno, situato dalla parte opposta rispetto al luogo da cui è partito il proiettile. Aleandro e Arturo, inoltre, mi hanno dimostrato la prova della loro innocenza: sono stati loro ad aver rubato la torta, perché avevano visto qualcuno mettervi una sostanza e, anche se non hanno riconosciuto il colpevole, hanno deciso di nasconderla, per evitare che qualcuno venisse avvelenato. A questo punto è chiaro cosa la torta ha a che fare con il caso: l’assassino aveva inizialmente pensato di uccidere Charles avvelenandolo; tuttavia, dopo essersi accorto che le sue intenzioni erano state scoperte, ha deciso di passare ad un Piano B, ovvero uccidere la sua vittima con un colpo di pistola”. 

A queste parole i commensali si scambiarono sguardi di sospetto e orrore: non era piacevole sapere di essere seduti allo stesso tavolo di un uomo che aveva commesso un omicidio!

Il detective continuò:

“A questo punto gli unici sospettati rimasti sono Jacoponi ed Eros. È stato difficile capire chi fosse tra i due poiché entrambi avevano la possibilità di entrare nella stanzetta senza essere scoperti, ma, grazie ad alcuni piccoli particolari, sono risalito al colpevole. Come già sapete, ho fatto analizzare la torta e ho scoperto che, oltre al fatto che era stata avvelenata con del cianuro, era passata per forza tra le mani di Eros, poiché, mescolato all’impasto, c’era un capello verde, appartenente senza dubbio a lui. Ovviamente potrebbe trattarsi solo di una coincidenza, ma non si può escludere il fatto che sia stato lui ad avvelenare il dolce. Inoltre lo chef non avrebbe mai legato un delitto a una sua creazione, sarebbe stata una pessima pubblicità per lui”. 

A questa affermazione seguì un’altra breve pausa.

“Un altro aspetto importante da considerare è il movente: perché l’assassino ha commesso il delitto? Cosa l’ha spinto ad uccidere Charles Glauco? Che cosa avrebbe ricavato dalla sua morte? A queste domande sono riuscito a dare una sola risposta. Partiamo dal presupposto che, come ho dedotto dall’interrogatorio che ho fatto ieri, Charles non aveva nemici o persone esterne che volevano vendicarsi di lui. Perciò la spiegazione più plausibile è che l’assassino sia stato spinto a compiere l’omicidio non per vendetta, ma per denaro. E chi più del figlio di un uomo ricco avrebbe desiderato la morte del fratello, per avere in eredità una somma più alta rispetto a quella che gli spettava?  Il padre dei due fratelli Glauco infatti, a suo tempo, aveva steso un testamento secondo il quale tutta la sua immensa ricchezza era destinata in parti uguali ai suoi figli, ma, in caso di morte di uno dei due, l’altro avrebbe ereditato tutto”.

A quelle parole i presenti in sala si voltarono verso Eros: era possibile che fosse lui l’assassino?! Stentavano tutti a crederci, ma era proprio così: egli non riuscì nemmeno a ribattere, sconvolto e abbattuto dall’essere stato smascherato. Ad un certo punto si sentirono le sirene di alcune auto da polizia, che avevano appena parcheggiato di fronte al Grand Hotel, probabilmente avvertite in precedenza da Remir. 

A quel punto il caso poteva essere definito ufficialmente chiuso.

GIARDINO

STANZETTA SEGRETA

BAGNO

PARCHEGGIO

RAMPA DI SCALE

CUCINA

SALA DA RICEVIMENTO


 
 

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