Bilancio di un mese surreale: la banalità del bene
di Giorgio Ragusa
Il 21 febbraio è stato l’ultimo giorno di lezione in presenza. E’ quindi trascorso un mese in questa situazione che sembra surreale: aule, camerette ed uffici vuoti, formazione on line per alunni e docenti, riunioni via web. Docenti ed educatori hanno accettato la sfida di mettersi in gioco; hanno sperimentato e attuato la didattica a distanza che è molto diversa da quella in presenza e richiede al docente un lungo lavoro di progettazione, ricerca dei materiali, prove tecniche, etc.. Anche per gli alunni può essere più impegnativa se seguita interamente e con serietà ed altrettanto è per i genitori, soprattutto degli alunni più piccoli. Certamente la didattica a distanza non può sostituire quella in presenza, poiché manca di quell’elemento relazionale che ne è una componente fondamentale. Bisogna però coglierne anche gli aspetti positivi, a partire dalla personalizzazione, poiché consente l’offerta di una ampiezza di materiali con i quali l’alunno può costruire un suo personale percorso di apprendimento, con l’aiuto a distanza del docente o dell’educatore. L’alunno in tal modo diventa attivo protagonista di un processo di cui spesso invece sembra essere passivo spettatore. Per il docente può essere un’occasione di stimolo ad una formazione sia sugli strumenti che sui contenuti, che avrà certamente effetti positivi anche dopo il ritorno in aula.
L’emergenza ripropone anche l’urgenza dell’istruzione scientifica, così debole nel nostro Paese e così importante, vista l’attualità di epidemie, cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, etc. Si tratta di temi interconnessi fra loro, come ci ha spiegato il WWF (https://urly.it/34y7h), poiché “là dove si abbattono gli alberi e si uccide la fauna, i germi del posto si trovano a volare in giro come polvere che si alza dalle macerie” (David Quammen in “Spillover”, 2012). Sembra inoltre probabile che l’inquinamento atmosferico favorisca la diffusione del virus, viste le zone del mondo, compresa la Lombardia, in cui si è diffuso più rapidamente.
Il bene principale è però la solidarietà umana che si è manifestata in queste mese tragico, perché il covid-19 ci ricorda quanto insensati siano i nostri conflitti e quanto siamo geneticamente fratelli, fragili di fronte ad un semplice virus, che è meno di una cellula, ma non conosce né confini né colore della pelle.
L’uomo è dunque all’origine del male, ma al contempo la pandemia fa emergere ogni giorno donne e uomini eccezionali che mettono a rischio la propria vita per salvare quelle di sconosciuti: medici, infermieri, forze dell’ordine e tanti altri eroi veri che ogni giorno lavorano in silenzio per garantire i servizi essenziali. E’ la banalità del bene, che può nascere anche da un male.