UNA RIFLESSIONE SULL’EMERGENZA ECONOMICA EUROPEA DURANTE IL COVID-19
Di Bianca Maria Garello
L’Unione Europea è nata per la volontà di agevolare il commercio in Europa, ma col tempo è diventata molto di più. Da quando l’Europa è unita, non si sono più verificate guerre in questo continente e molte crisi, che prima avrebbero messo al tappeto alcuni Stati, sono state superate. È un’unione che è partita con grande slancio, ma che col tempo ha perso l’appoggio di molti cittadini, che hanno visto svanire la possibilità di vederla ancora più unita e potente, causando spinte sovraniste in ogni Stato, come quelle che hanno portato alla Brexit. Ora, in mezzo a una pandemia mondiale, l’Europa dovrebbe essere più forte che mai per aiutare gli Stati membri a non affondare. Purtroppo non è così. Ma perché?
La situazione non è facile: ovviamente ogni governo deve pensare prima a se stesso, e non sarebbe neanche giusto contestare quelli che hanno opposto resistenza alle possibilità che venivano discusse. Giustamente Paesi del Nord, come in particolare Germania, Olanda e Finlandia, Paesi dove l’epidemia è meno diffusa e che hanno un’economia più forte e stabile di quella, per esempio, italiana, criticano la situazione di crisi in cui ci troviamo e, alle nostre obiezioni, rispondono con la favola della formica e della cicala. Tuttavia c’è da tenere in considerazione che noi ci stiamo riprendendo da un difficile periodo di crisi in cui abbiamo cercato di ripagare i nostri debiti, forse con scarso risultato, forse con poco impegno e con un’amministrazione sbagliata dei soldi, ma questo non può essere ignorato. Inoltre i suddetti Stati dovrebbero considerare che se la nostra economia colasse a picco, passata l’epidemia, così farebbero le loro, visto che, per fare alcuni esempi: (i)la Germania usa componenti costruite in Italia per le loro auto, (ii) vende molti prodotti nel nostro Paese, (iii) molte aziende italiane spostano in Olanda le loro sedi generando introiti per lo Stato Olandese (es. La Ferrari, sinonimo del made in Italy, ha sede legale in Olanda).
Ovviamente un altro problema sono le forti spinte sovraniste. Sono presenti in ogni Stato e non sono comparse adesso, ma molte erano già insistenti prima della crisi: basti pensare alla Brexit.
C’è chi ora in Italia spera in aiuti dall’Europa, quando prima cercava modi di scapparne, chi almeno resta coerente e non vuole inchinarsi, avendo come cartuccia ora il fatto che “l’Europa non ci aiuta o, se lo fa, con condizioni insostenibili”. Poi ci sono i sovranisti di paesi europei che non vogliono mandare aiuti, adducendo alla cattiva reputazione (il “giudizio” negativo) di noi Stati del Sud Europa e, dove possibile, ad un “merito creditizio” negativo. Ora, capisco molto bene i Paesi nordici e il loro essere restii a voler aiutare chi ha parlato e parla proprio in questo momento di lasciare l’Unione.
È per questo che, almeno secondo me, la politica negli Stati in difficoltà, come il nostro, dovrebbe cercare di non rendere la vita difficile a chi si batte per trovare accordi: questa è un’emergenza, la campagna elettorale di alcuni partiti può aspettare. C’è inoltre da ricordare che la Banca Centrale Europea ci sta già finanziando, comprando le nostre obbligazioni e mantenendo tassi di interesse ad un livello accettabile.
A mio parere è interessante osservare come il sovranismo dimostra da solo di non poter essere un movimento politico, perché se così fosse, tutte le spinte andrebbero in un’unica direzione, tanto più un utilitarismo che punta solo a evitare qualunque forma di unione internazionale.
Ora i contrasti per fortuna sono stati superati e nella serata di giovedì 9 Aprile si è trovata un’apparente soluzione. Il Meccanismo Europeo di Stabilità, che era stato criticato sia per la difficoltà nell’utilizzo (in teoria può finanziare uno Stato alla volta), sia per il controllo e la condizionalità sul Paese che lo usa, renderà disponibili 240 miliardi di Euro per coprire le spese sanitarie e gli effetti collaterali economici causati dal virus, da prestare ad alcuni Stati a condizioni più favorevoli di quelle previste normalmente.
Le altre due misure consistono in un fondo fino a 10 miliardi per una cassa integrazione e un fondo speciale della Banca Europea degli Investimenti da 200 miliardi di Euro. Le misure dovrebbero attivarsi nel giro di un paio di settimane. Si è raggiunto un compromesso dunque, nonostante lo scetticismo dei Paesi nordici, che comunque hanno deciso di rischiare, e dopo che anche i Paesi del Sud hanno ammorbidito le proprie posizioni, rinunciando in particolare ai tanto discussi Eurobond, che sarebbero stati sostanzialmente dei prestiti condivisi con bassi tassi di interesse, che invece erano stati molto criticati dalle economie più forti. Pare però che questi soldi comunque non basteranno, e si pensa allora di creare un debito collettivo uguale o superiore a 500 miliardi, che alla fine sarebbe molto simile agli Eurobond.
Pare dunque che l’Unione Europea non sia ancora arrivata alla fine della sua corsa, nonostante sicuramente ci sia andata vicina. Personalmente ritengo che tutti quanti, ma in particolare i politici, ovvero coloro che tengono in mano il destino di uno Stato in un’arena competitiva globale, dovrebbero ricordarsi che cosa siamo riusciti a raggiungere grazie a questa unione, che sicuramente non è una soluzione perfetta, ma in fondo cosa lo è? Ed è vero che ci sono Paesi che possono fare il buono e il cattivo tempo sostenuti da economie forti e stabili, ma non è così dappertutto? Soldi e potere sono da sempre strettamente collegati, quindi, come potrebbe essere diverso nell’Unione Europea?
Vorrei solo che tutti i leader politici se lo ricordassero e smettessero di giocare a chi ha ragione, soprattutto quando ci sono delle vite e il futuro di molti civili a rischio.